Ad Assisi si completano i preparativi per accogliere papa Francesco. Tutta Italia ha gli occhi puntati alla città di san Francesco per questo evento che ha più di qualche aspetto per essere atteso. A poco più di sei mesi dall’elezione al soglio pontificio il papa si reca sulla tomba del santo patrono d’Italia, in un momento difficile per il nostro Paese.
È anche la prima visita del papa gesuita ad Assisi, nella terra che fu culla dell’esperienza spirituale che ha cambiato il volto della Chiesa e alla quale Bergoglio si è richiamato, scegliendo il nome Francesco, in questo passaggio della storia della Chiesa.
«Credo che ad Assisi il papa continuerà a raccontarci la sua idea di umanità e di Chiesa», afferma mons. Calogero Peri, frate cappuccino, vescovo di Caltagirone.
Sono passati poco più di sei mesi da quel 13 marzo, quando tutto il mondo comprese che l’esperienza che la Chiesa stava vivendo in quei giorni, prima con le dimissioni di papa Benedetto e poi con l’elezione di papa Francesco era di forte carica spirituale. Lo Spirito aveva in un attimo spazzato via tutto quello che si credeva impossibile.
«I primi gesti e le prime parole del papa lo hanno dimostrato. Indico ad esempio, senza soffermarmi nel dettaglio: la scelta di presentarsi in ambito ordinario; di avere indossato la sua abituale croce pettorale, di ferro, preferendola a quella più preziosa preparata dal cerimoniere per l’occasione; di avere introdotto con semplicità ed immediatezza un nuovo stile comunicativo fra popolo e pastore, uno stile simmetrico, circolare ed aperto; di avere sottolineato, sin da subito, la dimensione pastorale del suo ministero, parlando da vescovo di Roma; di avere sottolineato la centralità della preghiera e dell’evangelizzazione nella vita della Chiesa…».
Segni che in questi primi sei mesi del pontificato sono diventati gesti ordinari. A partire dal nome che forse solo un gesuita poteva scegliere.
«Per il card. Bergoglio, Francesco rappresenta la scelta di uno stile, di una linea. Una scelta che non avrebbe potuto fare un francescano perché ciò avrebbe implicato il passaggio da francescano a Francesco, un passaggio impossibile. Con questo suo gesto il papa ci ha fatto capire che ha tentato quello che storicamente non era mai stato tentato. Lo ha voluto e soprattutto lo ha esplicitato».
Papa Francesco ha cambiato davvero l’immagine e l’immaginario del papa: non come qualcuno al di sopra della normalità o della quotidianità, piuttosto un pastore che vuole “avere l’odore delle sue pecore”. E questo lo ha fatto nella maniera più normale.
«Il suo linguaggio ha portato un’altra piccola rivoluzione, introducendo una terminologia quotidiana, che tutti normalmente utilizziamo, e che poteva non sembrare adeguato a un papa o a una curia. Ha quindi ribaltato alcuni stereotipi di comprensione. Soprattutto non ha mai utilizzato parole di critica contro qualcuno, ma ha cercato sempre un dialogo con tutti, riconoscendo le posizioni dell’altro e dicendo qual è il suo pensiero. In questo senso, dal punto di vista antropologico, penso che ci siano davvero tante cose da sottolineare, a partire ad esempio dal rispetto della coscienza».
Anche i suoi gesti dicono concretezza e quotidianità: portare la valigia, guidare una macchina, andare in autobus con i cardinali, pagare il conto in albergo…
«Papa Francesco ha scelto di avere un linguaggio immediato come linguaggio significativo. Non ha bisogno di tanti ragionamenti per dire che la Chiesa è povera, o per dire che tipo di Chiesa vuole: una Chiesa comunione, una Chiesa per glie esclusi, una Chiesa per le periferie. Ha reso straordinario ciò che è normale. Anzi ha dato alla normalità quella dignità che gli spetta! Ci ha portato anche tutta la freschezza e la novità di tutto il mondo latino-americano laddove il contatto con la realtà, con la povertà e i bisogni non è mediato da molte strutture. Per lui è naturale fare ciò che fa. Per noi diventano scelte profetiche, progettualità pastorale, programma… quando quella è semplicemente la vita. È un pontificato che non lascia distanze, che viene colto all’esterno come un momento di verità, e rivela la personalità di un uomo che risulta credibile, affidabile, simpatico, libero, evangelicamente libero, capace di attenzione all’uomo e ai temi veri».
Cosa possiamo aspettarci?
«Credo che papa Francesco farà quel che lo Spirito vorrà. Potrebbe fare sterzate anche in versanti impensabili. Questo pontificato ha dato il tema di alcune questioni che dovranno essere sviluppate e sarà il tempo a dire quali piste saranno state aperte e quali si apriranno. Quello che è bello avvertire è questa freschezza evangelica e dello Spirito. Ci troviamo davanti un uomo che pensa quello che dice e dice quello che pensa. E di tutto questo ci racconterà ancora l’esperienza di Assisi fra qualche giorno!».