Tanti i commenti, in questi giorni, in vista del primo anniversario di Pontificato di Papa Francesco che ricorrerà domani, 13 marzo. Un anno intensissimo, che ha suscitato una rinnovata attenzione alle questioni ecclesiali anche dei cosiddetti lontani. Ascoltiamo, in proposito, la riflessione del direttore della Sala Stampa vaticana, padre Federico Lombardi, al microfono di Sergio Centofanti:
(Audio: http://media01.radiovaticana.va/audio/ra/00417526.RM)
R. – La cosa principale di questo primo anno è certamente la grande attenzione, la grande attrazione della gente – dico la gente, per dire non solo i cattolici praticanti, ma tutte le persone di questo mondo – la grande attenzione per questo Papa, per il suo messaggio. È qualcosa che penso e spero sia radicato molto profondamente nel cuore delle persone, che si sono sentite toccate da una parola di amore, di attenzione, di misericordia, di vicinanza, di prossimità, in cui attraverso l’uomo, il Papa, è l’amore di Dio che arriva. Io ricorderei un certo numero di episodi, che sono rimasti per me particolarmente toccanti nel corso di quest’anno. Naturalmente la prima comparsa alla loggia della Basilica di San Pietro, con tutto quello che ricordiamo e che ha rappresentato, è indimenticabile. Poi, ricordo la lavanda dei piedi ai giovani nel carcere il Giovedì Santo, nel pomeriggio. Ricordo il viaggio a Lampedusa, con la sua grande intensità di vicinanza alle persone più dimenticate e abbandonate e a coloro che sono morti nel viaggio della speranza e del dolore verso un futuro migliore. Ricordo la Giornata mondiale della gioventù a Rio, il grande incontro della gioventù mondiale, in particolare latinoamericana, con il Papa nel loro continente. Ricordo Assisi. Ricordo il documento programmatico – diciamo così – l’Esortazione apostolica, Evangelii Gaudium, in cui abbiamo veramente il cuore del Papa articolato in un modo molto chiaro, molto ampio, come programma del suo Pontificato. E poi il Concistoro del mese di febbraio. Queste tappe ci dicono quanto sia stato intenso quest’anno e quanti aspetti siano stati toccati, quanti incontri siano avvenuti.
D. – Il Papa vuole una Chiesa in uscita, parla di riforme strutturali necessarie. Come sta cambiando la Chiesa?
R. – La Chiesa mi appare veramente come un popolo in cammino. Questa è la cosa più caratteristica: un senso di grande dinamismo. Il Papa ha dato un grande impulso e cammina con una Chiesa che cerca la volontà di Dio, che cerca la sua missione nel mondo di oggi per il bene di tutti, andando veramente verso le periferie, verso i confini del mondo. Il Papa ha parlato spesso dei pastori che sono davanti, dentro, dietro il gregge, per aiutarlo a camminare, a trovare la sua strada. Mi sembra che egli sia veramente così e invita anche tutta la Chiesa ad essere in cammino. C’è un senso forte di dinamismo, che si riscontra in particolare nell’itinerario sinodale, questo lungo cammino di un paio di anni, in cui la Chiesa riflette su un punto centrale dell’esperienza umana e cristiana, che è appunto la famiglia.
D. – Papa Francesco guarda molto ai lontani e scuote molto i vicini…
R. – Certamente, perché Dio guarda tutti. Quindi è riuscito a far capire che l’interesse di Dio, il suo sguardo, è per tutte le sue creature, per tutte le persone del mondo e nessuno è dimenticato. Questo è un punto estremamente importante e non l’ha inventato Papa Francesco evidentemente. È riuscito, però, a darne un senso molto forte e tantissime persone lo hanno capito. Manifestazioni di attenzione, quindi, che vengono da sedi, da organi di stampa non abituali, significano che il suo messaggio è arrivato. E naturalmente tutti dobbiamo essere in cammino, quindi anche le persone che magari si sentivano più tranquille o più stabili, stabilizzate nella loro condizione, si sentono coinvolte da questa grande missione. Anche questo ha certamente un aspetto positivo.
D. – Quali immagini significative del primo anno di Pontificato le vengono in mente?
R. – Mi vengono in mente soprattutto le udienze generali del mercoledì: il Papa che passa attraverso la gente, il Papa che saluta, sorride, incontra e in particolare che si sofferma con i malati. Questa sua scelta precisa, che i malati sono i primi che egli saluta dopo avere terminato la sua catechesi, scendendo dal sagrato e andando dove sono loro, mi sembra molto significativo. Ecco, chi soffre e chi è debole ha una priorità nel cuore del Papa e della Chiesa, perché ha una priorità nel Vangelo.
D. – Che cosa significa essere il portavoce di Papa Francesco?
R. – Mi sembra che sia molto bello il fatto che il protagonista sia il Papa stesso, cioè chi parla e chi interessa la gente con le sue parole, chi colpisce con le sue formulazioni, è lui stesso, non ha bisogno di una particolare mediazione. Questa mi sembra un’esperienza molto positiva. È quello che ho sempre anche un po’ desiderato: che il Papa arrivi direttamente senza distanze, senza ostacoli al cuore delle persone con le sue parole. Il portavoce, chiamiamolo così, il direttore della Sala Stampa, dà delle informazioni che, però, sono più informazioni di contorno, di carattere organizzativo, di decisioni che vengono prese e sono anche importanti, ma quella che è la parola del Papa per la gente, per il mondo, per la Chiesa arriva direttamente a loro. Questo a me sembra molto bello e fondamentale.