Elia, fede e profezia

Come ogni anno, da lunghissima tradizione, la Diocesi si preoccupa di favorire, al suo clero, un corso di esercizi spirituali per ridestare gli animi e rinvigorire lo zelo apostolico del presbiterio.
Quest’anno il corso si è svolto dal 4 all’8 febbraio. Il predicatore degli esercizi è stato don Pino Alcamo, del clero Diocesano di Mazara del Vallo, che ci ha dato la possibilità di seguire le orme di Elia nella tensione tra la fede che lo nutriva e la profezia che era chiamato ad annunciare agli uomini del suo tempo.
Prima di condividere le riflessioni e le suggestioni condivise permettetemi di far presente quanti o in modo stabile o per l’occasione hanno arricchito il nostro corso di esercizi.
Anzitutto l’amabile nostro pastore Mons. Calogero Peri che instancabilmente divorato dallo zelo per la nostra Chiesa non ha mancato di trovare il tempo per stare con noi, per ascoltarci ed incoraggiarci nelle fatiche di ogni giorno. Il vicario generale, don Sebastiano Giovanni Zavatteri; il segretario del Consiglio presbiterale, don Nunzio Antonino Valdini; il rettore del Seminario, mons. Umberto Pedi; il prevosto parroco della Cattedrale, don Giuseppe Casanova; il priore parroco di S. Giorgio, don Emanuele Alessi; il parroco della Madonna della Via, mons. Vincenzo Guarino; il parroco di S. Giovanni Bosco, don Salvatore De Pasquale con il vicario parrocchiale don Antonio Carcanella; fra’ Giacomo Valenza, della comunità religiosa dei Frati minori di S. Maria di Gesù; l’eletto parroco della parrocchia Madonna di Lourdes in Grammichele, don Filippo Vitanza; il rettore della Chiesa di S. Giuseppe in Grammichele, don Gaetano Pennisi; l’arciprete di Militello don Giuseppe Federico; l’arciprete di Licodia, don Giuseppe Luparello; il parroco della città di S. Cono, don Giacomo Girella ed infine il diacono permanente della città di Mirabella Imbaccari, Mario Messina.
Questa bella compagnia nella sua diversità di provenienza, età e carismi ha sperimentato la gioia di essere visitati dalla provvidenziale grazia di Dio che sempre soccorre noi suoi figli.
Il predicatore ci ha presentato il ciclo di Elia facendo riferimento al primo libro dei Re dal capitolo 17 fino al capitolo 19 versetto 21, per una sequenza di otto meditazioni intervallate dalla costante preghiera comune della liturgia delle ore, dell’Eucarestia, dell’adorazione eucaristica e da un fraterno confronto serale sui benefici e le consapevolezze maturate nel corso della giornata.
Con la prima meditazione ci siamo soffermati innanzi all’immagine di Elia di fronte a Dio e ad Acab. Questa esperienza, incontro, dialogo ha posto diverse provocazioni: il rapporto che abbiamo con la Parola di Dio, la centralità che questa Parola ha nella vita di noi sacerdoti, il grado di solitudine che siamo in grado di sopportare nell’intimità con questa Parola, la qualità della nostra preghiera che spesso pur nascendo nel cuore sale e si ferma alle labbra senza procedere verso Dio.
La seconda meditazione vede Elia a confronto con la vedova di Zarepta di Sidone, una donna che simboleggia tante realtà della vita odierna e tra queste oggetto di verifica sono state le seguenti: quali sono i poveri a cui siamo stati invitai per essere sfamati, di quali poveri abbiamo bisogno e quale terra straniera deve diventare nostra amica.
Nella terza meditazione, il figlio unico della vedova, due sono state le direttrici di verifica; la prima relativa alla verifica degli Elia della mia vita, la seconda quale conseguenza della prima la capacità di formulare una o più preghiera di gratitudine.
La quarta meditazione, Elia dinanzi al re Acab, possiamo considerarla il fulcro di questi esercizi perché ci è stata chiesta una verifica delle strutture di cui siamo responsabili, se esse sono al servizio dell’uomo o addirittura di noi stessi, ci è stato chiesto di uscire da una visione statica, museale; nel confronto con Abdia quanto di lui nella via della paura come in quella della conversione ci appartiene, in ultimo al settaccio passa la nostra fede quale antidoto per risvegliare noi preti e le nostre comunità dal perenne sonno idolatrico.
Alla quinta meditazione, simbolicamente, siamo saliti sul monte Carmelo. Come ogni scalata verso le vette più alte, anche questa non è stata priva di fatiche in merito alle sfide che la fede ci esorta a porre a noi stessi e agli altri, sfide che spesso ci conducono nella notte oscura che sola può far maturare in noi una profonda, vera e personale professione di fede per arrivare a dire Dio è il Signore.
La sesta meditazione l’abbiamo salutata come un dolce rinfresco delle fatiche spirituali dei giorni precedenti perché abbiamo affrontato la parte relativa alla fine della siccità. Non sono mancate provocazioni sul nostro ministero ed in modo particolare sul ruolo educativo che siamo chiamati a svolgere, sulla recettività che abbiamo nei confronti degli eventi che ci educano e sulla capacità di saper entrare in sinergia con le altre agenzie educative.
Per quanto si possa raggiungere grandi consapevolezze o sperimentare una presenza di Dio gratificante non mancano momenti in cui si sperimenta la crisi di Elia. Questa è stata la settima meditazione che non ha risparmiato nessuno di noi sulla verifica sulle crisi umane e di fede che spesso ci assalgono o ci vedono accanto a coloro che in crisi chiedono a noi di essere guidati, sorretti e consolati.
Dulcis in fundo nell’ultima meditazione ci siamo incontrati con la vocazione di Eliseo. Si tratta di una chiamata, di una vocazione che non sempre è chiara e che al suo interno è fatta a tappe. La nostra identità presbiterale non può prescindere dalla nostra identità cristiana, e mentre la prima non dipende da noi perché è un dono, prima ancora che una responsabilità, la seconda dipende principalmente dalla nostra consapevolezza ed è strettamente legata alla nostra maturità umana fondamento per tutto il resto.
Questo itinerario, queste provocazioni spero incuriosiscano voi lettori per andare a prendere la Bibbia, leggerla, cercare di intenderla secondo le proprie condizioni di vita e verificare come il Signore, così come a Elia, stia concedendo ad ognuno la possibilità di essere il protagonista di un’affascinante avventura, quella della santità.
Concludendo, il mio personale ringraziamento a quanti hanno reso possibile tutto ciò e soprattutto l’augurio che tanti altri, soprattutto presbiteri, avvertano l’esigenza almeno una volta l’anno di mettersi in discussione per uscire dalla routine, e tornare alla vita quotidiana che nuovo slancio ma soprattutto con la consapevolezza che una sola vita abbiamo e merita di essere vissuta in pienezza.

don Antonio Carcanella