Il modello tipologico dell’abbazia di S. Benedetto, fondata nel 1614 da don Francesco Branciforte e dalla moglie donna Giovanna d’Austria, è uguale a quello del monastero di San Nicolò l’Arena di Catania: corridoi lungo la corte; balconi e finestre seriali, riservate alle celle; sviluppo su due elevazioni, grandi sotterranei e seminterrati per tutti i locali di servizio e di deposito. Questa abbazia, nonostante le distruzioni del terremoto del 1693 e le successive ricostruzioni e trasformazioni di riuso, conserva ancora intatta la sua qualità spaziale seicentesca, consentendoci di immaginare quella originaria del monastero catanese. Il prospetto del convento, scandito dall’ordine gigante tuscanico, mostra una calibrata distribuzione di finestre di vario disegno, di oculi ovali e di balconi; in particolare quello centrale si lega al portone a costituire la tribuna d’onore. Le membrature architettoniche sono impreziosite da volute, cartocci, putti, mascheroni, conchiglie, festoni, secondo il fastoso lessico decorativo dei lapicidi. I prospetti laterali hanno un impianto semplificato.
La Chiesa, a navata unica, profondo presbiterio e tiburio alla crociera, ha tre cappelle per parte, separate da ampi tratti di muro corrispondenti a vani ciechi, che forse avrebbero dovuto contenere le tombe dei principi, come dimostra quello occupato dalla tomba del Principe Francesco. Il prospetto risale al progetto originario del primo Seicento solo nei primi due ordini, poiché il terzo ed il coronamento crollarono con il terremoto e furono ricostruiti, con diverso disegno, dall’architetto locale Antonino Sciré nella prima metà del Settecento. La facciata possiede, al primo ordine, tre campi definiti da paraste doriche, con trabeazione con fregio a triglifi e metope figurate; un secondo ordine ionico, limitato al campo centrale e raccordato all’inferiore da volute, con trabeazione che presenta nel fregio bombato (di ascendenza veneta) un bassorilievo continuo, molto eroso, con elementi araldici. Il portale centrale con coronamento a timpano spezzato mostra la targa marmorea su cui è l’epigrafe che ricorda la conclusione dei lavori nel 1646 ad opera di donna Margherita, figlia del principe Francesco, e del marito Federico Colonna. Il finestrone superiore è decorato da larghe bugne con decoro a graticcio, repertorio tipico dei lapicidi locali del Seicento.
L’interno presenta stucchi settecenteschi, altari coevi e tele pregevoli. La prima cappella di destra presenta una pala di ignoto del ’700, S. Rosalia che libera dalla peste Palermo. La seconda cappella di destra, decorata da affreschi settecenteschi di ignoto con i Misteri della vita di Gesù e della Vergine, ha un altare a gradienti in legno dorato del primo ventennio del XVIII secolo, in cui si venera un quadretto di Gesù Bambino.
Di fianco è la lapide della sepoltura del principe fondatore, morto nel 1622, delle sue due figlie Caterina e Flavia, del nipote Antonio Colonna e del fratello Vincenzo, abate di Santa Maria di Nuova Luce a Catania.
La terza cappella di destra è dedicata a S. Gertrude, come mostra la pala di ignoto del ’700. Alle due estremità del transetto sono altari uguali, in marmo, degli inizi del XVIII secolo: a destra è una statua in legno policromo della Madonna del Rosario (della Vittoria), dei primi del ’600 di scuola napoletana. Si racconta che fu commissionata da Donna Giovanna d’Austria in segno di ringraziamento verso la Vergine per la vittoria riportata contro i turchi a Lepanto (1571) dal padre don Giovanni d’Austria; a sinistra l’altare, un tempo dedicato al SS. Crocifisso, oggi accoglie il simulacro di S. Benedetto abate, la cui festa liturgica cade l’11 luglio.
Nel presbiterio, ricostruito insieme all’ultimo ordine della facciata nel 1725 (dopo il terremoto del 1693) su disegno dell’architetto locale Antonino Sciré, dietro l’altare maggiore a marmi mischi del sec. XVII è un imponente coro ligneo del 1730-1734, con Storie della vita di S. Benedetto con i Santi Mauro e Placido, i Misteri Dolorosi e Gaudiosi e i quattro Evangelisti. A corredo vi è un leggio per gli antifonari settecenteschi, conservati nella Chiesa, e due candelieri coevi. Sovrasta il coro un Crocifisso ligneo secentesco, dove un tempo vi era la pala raffigurante il Trionfo dell’ordine benedettino del 1646, opera del pittore militellese Giovan Battista Baldanza jr.
La seconda cappella sinistra accoglie l’Ultima comunione di San Benedetto, pala di Sebastiano Conca (1741). Infine la prima cappella a sinistra, sede del battistero, mostra il Martirio di S. Sebastiano, pala di ignoto del ’700.
Si conservano, inoltre, un manoscritto di cronache che va dal 1690 fino ai primi decenni del XIX secolo; la cappella verde (il corredo completo dei paramenti necessari alla celebrazione di una messa solenne) in seta damascata, oro e argento, su cui sono ricamate le insegne dei Branciforte, di Casa d’Austria e dell’ordine benedettino; una navicella in argento a forma di bucintoro; il busto argenteo di San Benedetto, opera dell’argentiere messinese Saverio Corallo del 1710; alcuni reliquiari in lamina d’argento; calici, pissidi, ostensori e altri oggetti liturgici (sec. XVII-XVIII).
Info
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