150° Anniversario dell’Unita’ d’Italia

150° ANNIVERSARIO DELL’UNITÀ D’ITALIA
OMELIA DI S.E. MONS. CALOGERO PERI

Basilica Cattedrale
Caltagirone, 17 marzo 2011

Fratelli e sorelle,
ritengo che sia superfluo ricordarci il motivo per cui siamo insieme a celebrare quest’Eucaristia: la proclamazione dell’unità d’Italia avvenuta 150 anni fa. Ma mi faccio una domanda: 150 anni fa abbiamo proclamato l’unità d’Italia, ed oggi vi sono tante celebrazioni per questa unità. Ritengo tuttavia che il problema sia rimasto lo stesso dopo 150 anni: 150 anni fa il problema era la costituzione dell’unità d’Italia, oggi – diciamocelo chiaramente – è la conservazione dell’unità d’Italia. E, giacché siamo in Chiesa, accanto a tutte le osservazioni che durante questa giornata evidentemente si son fatte e si faranno su questo tema, penso che in quanto cristiani abbiamo un apporto da poter dare a questa delicata e centrale questione dell’unità. Noi, lo sappiamo, possiamo realizzare diverse forme di unità. Ce ne sono alcune che definirei povere: l’unità che nasce soltanto dall’unicità degli intenti, dal pensarla tutti allo stesso modo, dall’avere uno stesso interesse, dal vivere una stessa condizione sociale, economica, politica. Ma ci può essere un’unità ricca, in cui c’è spazio per le diversità, per le differenze, in cui la convivialità è data dal partecipare ciascuno con la sua unità, con la sua unicità, con la sua particolarità e nello stesso tempo dall’essere tutti insieme una cosa sola, diversi ed uniti. Proprio su questo aspetto, che probabilmente è quello che oggi rischia di essere uno dei motivi di tensione e di frizione, una delle possibili vie di fughe e di strappo di questa nostra unità, noi abbiamo un grande insegnamento e soprattutto abbiamo un grande esempio in quanto cristiani. Noi proclamiamo e crediamo Dio uno perché trino e trino perché è uno, laddove il massimo della differenza, quella che c’è tra il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo, tre persone diverse, non impedisce di essere un solo Dio, di essere una sola realtà. Questo, che per noi è insieme un dono, una rivelazione, un’apertura sul mistero delle persone – e dunque sul mistero delle cose-, diventa anche un modello e un impegno con cui noi viviamo tutte quante e sempre le nostre esperienze. Quando vogliamo assolutizzare soltanto qualche aspetto della nostra esperienza, rischiamo sempre di escluderne un’altra, ma l’unità nella quale noi crediamo e che ci viene rivelata è un’unità inclusiva, che include gli altri e non li esclude.
Basterebbe pensare alle tante immagini, che noi troviamo nella Parola di Dio: noi siamo come credenti un corpo solo, che è fatto però di membra diverse, in cui ciascuna di esse ha il suo ruolo, la sua funzione, la sua dignità, la sua grandezza, ma è nell’unità che questo corpo riceve esistenza, energia e vita. Ebbene, fratelli e sorelle, ritengo che ciascuno di noi debba farsi carico oggi di portare in sé e di vivere nell’esperienza di ogni giorno il modello di questa unità inclusiva. Perché poi, diciamocelo chiaramente, nell’esperienza di ognuno di noi e poi nell’esperienza di tutti insieme, si gioca il futuro anche della nostra esperienza politica. La società non è altro che l’espressione in grande che ciò che ciascuno di noi pensa e soprattutto vive, di quali sono le sue idee, le sue convinzioni. Dunque dobbiamo essere consapevoli che ogni volta, nell’esperienza di ciascuno di noi, si gioca in piccolo ciò che poi si gioca in grande, si gioca nel singolo ciò che poi si gioca nella comunità.
A questo mi pare si riferisca l’insegnamento che oggi abbiamo ricevuto dalla pagina della Scrittura, che ci narra l’esperienza della Regina Ester. Ad un certo punto le diranno “stai attenta che in te ed in quello che farai, in quello che dirai si gioca non soltanto il tuo futuro e non soltanto la tua condizione, ma si gioca anche quella di tutto il tuo popolo”. Penso che ciascuno di noi debba avere questo senso di dignità e di grandezza: sapere che nei suoi pensieri, nella sua missione di vita, nella sua esperienza, si gioca poi il risultato finale della nostra esperienza sociale e politica.
A volte non riusciamo ad esprimere tutti insieme quello che qualcuno o alcuni o la maggior parte desiderano ed ecco perché abbiamo invocato il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe, il Dio di Israele, il Dio di ogni nazione e dunque anche il Dio della nostra patria, della nostra Italia La regina pregava così “Vieni in aiuto a me che sono sola e non ho altro soccorso che all’infuori di te”. L’apporto che vorremmo dare è che c’è una testimonianza, che c’è un valore aggiunto che è la nostra fede, il nostro credere, che c’è un Dio uno e trino, che ci dà la consapevolezza che la storia marcerà sempre e comunque vero un fine più alto, in cui non si annullano le differenze ma si armonizzano, perché la verità dell’uomo e delle cose sarà una verità sinfonica in cui ciascuno suonerà il suo pezzo, il suo strumento e in cui tutti insieme potremo scrivere questa grande e profonda e ricca armonia.
Siamo dunque qui per chiedere aiuto al Signore, perché abbiamo riconosciuto che nel giorno in cui l’abbiamo invocato, egli ci ha risposto. Crediamo che per noi cristiani questo è un giorno di invocazione, perchè al di là degli egoismi particolari, al di là degli interessi, al di là delle speculazioni, possiamo davvero ricordarci dell’interesse di tutti, del bene comune, di una prospettiva che sia realmente positiva per tutta la nazione. Ciò sarà possibile nel momento in cui a poco a poco ci libereremo dei nostri egoismi, di qualsiasi tipo e di qualsiasi colore, e tenteremo per davvero tutti insieme di realizzare quello che forse più profondamente desideriamo. Anche se poi di fatto non riusciamo a realizzarlo, noi sappiamo che solo se abbiamo un sogno di unità abbiamo Dio dalla nostra parte, quel Dio che ci ha detto che siamo fratelli.
Certo, quando noi pensiamo al nostro essere fratelli d’Italia, sappiamo che questo non è né il primo né l’ultimo orizzonte dentro il quale noi invochiamo e chiediamo al Signore di donarci e regalarci quest’unità, perché noi crediamo ad una unità, ad una fratellanza che sia davvero senza confini e senza esclusioni. Ecco perché non possiamo fermarci semplicemente all’unità della nostra nazione, ma dobbiamo spingerci oltre, pensare più in grande. La prima riflessione che dobbiamo fare a proposito dell’unità nazionale è che questa dovrebbe essere il minimo che possiamo vivere e non il massimo che possiamo desiderare. Inoltre, nello stesso tempo, per realizzare forme di unità come quelle nazionali abbiamo bisogno di un pensiero ancora più ampio, di una visione grandiosa come quella dell’Apocalisse: “vidi una grande moltitudine che apparteneva ad ogni lingua, nazione, popolo e patria”. Come a dire: l’unità è sempre il fondamento più ampio di tutte le esperienze che noi possiamo vivere ed è questo apporto che ci proviene dalla nostra fede in un Dio che è uno e trino, che oggi vogliamo aggiungere come valore aggiunto ai tanti tentativi di unità autentici, veri, spassionati, ma spesso contraddittori e inconcludenti. Perché a volte il limite delle nostre espressioni è proprio questo: che le intenzioni che manifestiamo non sono poi quelle che ci muovono realmente, che i grandi valori che professiamo, sono poi quelli che praticamente e quotidianamente calpestiamo.
Ecco perché siamo qui per chiedere al Signore quello che noi riteniamo essere il bene. Infatti abbiamo sentito che “il Padre vostro che è nei cieli darà cose buone a quelli che gliele chiedono”. E noi siamo qui oggi come oranti in preghiera per chiedere cose buone per noi, per tutti, per la nostra nazione, per quelli del nord, per quelli del centro, per quelli del sud per quelli che sono in qualsiasi latitudine e longitudine, perché possiamo stare bene in unità e non quando questo nostro benessere si regge, si fonda o si raggiunge sul malessere degli altri. Non si può costruire benessere danneggiando qualcuno. È quello che noi vogliamo chiedere oggi al Signore: che ci dia un autentico respiro unitario, in modo che l’unità di Italia realizzata 150 anni fa, cresca anche per nostro merito e soprattutto per l’apporto dei nostri pensieri, che sono quelli che poi determinano la nostra azione, il nostro impegno, e che questa unità possa essere difesa e vissuta nelle piccole scelte di ogni giorno, nelle piccole decisioni, laddove si mostra per davvero ciò in cui crediamo.
Che questa giornata, al di là delle tante e belle celebrazioni, possa diventare per tutti un impegno fattivo, operativo a realizzare, in ciò che dipende da noi e per quello che dipende da noi, un’unità in cui c’è spazio per tutti.