Veglia di Pasqua (2011)

VEGLIA DI PASQUA
OMELIA DI S.E. MONS. CALOGERO PERI

Basilica Cattedrale
Caltagirone, 23 aprile 2011

Fratelli e sorelle,
anche se a quest’ora ci può essere un po’ di stanchezza e un po’ di sonno, vorrei soltanto una cosa: che non perdiamo l’importanza e la centralità di questo momento, perché questa sera ancora una volta, questa sera proprio per noi, il Signore ci fa il più grande dono che noi possiamo immaginare e ci fa trovare la sorpresa più imprevedibile che mai possa accadere nella nostra vita. Dal momento che delle donne in un mattino di Pasqua, in una notte come questa, sono andate ad un sepolcro e non hanno trovato più un morto ma Gesù Cristo vivente, questo avvenimento, questo annunzio ha cambiato la storia del mondo, ha cambiato la nostra storia, ha cambiato la storia di tutti. E dunque noi non possiamo più vivere come se questo non fosse accaduto, perché se questo avvenimento non fosse accaduto, noi faremmo bene a stare muti, a tentare di arrangiarci come possiamo a vivere la nostra vita, tanto l’esito finale, il risultato finale di questa partita che è la nostra vita sarebbe scontato: andremo a finire tutti nel buio, nel nulla, nella morte. Capite benissimo perché questa sera, quand’anche il Signore ci desse la possibilità di chiedergli qualsiasi cosa e di ottenerla, ogni nostra richiesta sarebbe superata da quello che Lui realmente ci ha donato: la certezza della vita, della resurrezione, come avvenimento, come parola finale, come esito ultimo della nostra vita. Immaginate: cosa potreste chiedere? Dieci milioni di euro? Benissimo, avreste semplicemente migliorato un po’ la vostra vita ma infine cosa sarebbe cambiato? Avremmo semplicemente rimandato, avremmo trovato una soluzione un poco migliore per alcuni giorni, per alcuni decenni della nostra vita, ma non avremmo trovato il senso globale, riassuntivo di questa nostra vicenda che non abbiamo scelto, che tutti ci ritroviamo ad affrontare.
Ecco perché con questo avvenimento, fratelli e sorelle, cerchiamo di dare un senso a tutta la storia. Abbiamo ascoltato sette letture più la Lettera di S. Paolo e il Vangelo, in cui abbiamo rifatto tutta la storia della nostra salvezza sin dal primo momento. Ma che senso avrebbe avuto la creazione del mondo, se tutto era destinato a finire – perché di eterno in questo mondo non c’è nulla? Che senso aver creato un giorno, il sesto giorno, l’uomo, se Dio sapeva che egli avrebbe avuto un futuro di morte? Che senso avrebbe aver ascoltato che un giorno un gruppo di israeliti per intervento di Dio riuscirono a scappare e scampare al faraone, dato che poi sarebbero comunque ricaduti nel super faraone che è la morte? Non avrebbe senso! Non avrebbe senso che Isacco sia sfuggito per un momento al sacrificio se poi anche lui – come tutti noi – doveva essere sacrificato a questa onnipotenza che è la morte. Invece abbiamo sentito le Scritture che ci dicevano: impara dov’è l’intelligenza, impara dov’è la sapienza, impara dov’è la longevità, impara dov’è la vita. L’abbiamo scoperto e non lo dobbiamo dimenticare mai. Abbiamo imparato che solo il Signore Gesù Cristo è il Signore. Ormai la signoria del male, ormai la signoria della morte, è stata detronizzata, ormai l’ultimo potere non appartiene più al male, non appartiene più al buio, non appartiene più alla disonestà, ma appartiene al Signore e questo vuol dire che a Lui appartengono tutti i nostri piccoli tentativi di bene, tutto quel bene che tante volte noi non riusciamo a portare avanti, che non riesce ad avere spazio, che non riesce ad avere affermazione,
In fondo tutto questo ci ripropone sempre in tutto e in tutti la stessa storia, quella di Gesù, uomo giusto, uomo santo, uomo innocente che è stato sacrificato sulla croce, ma con quel sacrificio ha svelato, ha manifestato che cosa per davvero c’è dentro la realtà, c’è dentro la vita, perché con quel sacrificio ha mostrato che dentro la morte non c’è la fine di tutto: c’è un passaggio doloroso, faticoso, imperscrutabile e per noi oscuro, ma un passaggio verso la vita, verso la pienezza.
Quello che dovrebbe conseguire a quest’annunzio e a queste parole, quello che io desidererei è che, fratelli e sorelle, questa notte, noi potessimo portarci dentro il cuore un motivo di gioia e di speranza. L’angelo dice alle donne, tutte sconvolte dal dolore per avere perso il loro punto di riferimento, per avere assistito alla misera fine, all’impotente fine di Dio sulla croce: “ voi non dovete avere paura”. Tu ed io, fratelli e sorelle, qualunque cosa ci accada nella vita, non dobbiamo avere paura perché è vero che ci possono accadere, di fatto accadono avvenimenti che ci procurano tanta tristezza, tanto dolore, tanto disorientamento, tanta angoscia, ma non dobbiamo aver paura perché dopo quel Venerdì santo, dopo il Venerdì santo che tutti comunque prima o poi per un motivo o l’altro dovremmo affrontare, c’è ormai per tutti un mattino, una Pasqua, una resurrezione, una speranza, una vita, una luce, una gioia; c’è, insomma, tutto quello che noi non possiamo realizzare nella nostra vita. Noi possiamo sognare di vivere, noi possiamo desiderare di non morire, possiamo aspirare alla felicità, ma sono tutte cose che invece ci accorgiamo la vita di ogni giorno ridimensiona e bastona abbondantemente. Tu ed io dobbiamo fare i conti con la realtà, con la sua concretezza, con la sua verità, con la sua difficoltà. Ma oggi il Signore ci viene a dire qual è la verità delle cose, la concretezza delle cose; per un momento ha tolto il velo che copre a noi la comprensione vera e profonda della realtà e ci ha mostrato che cosa accadrà. E quello che è accaduto per Lui ora accadrà per tutti, accadrà nonostante tutto. Ecco la speranza, la fiducia, l’ottimismo, che non nasce, fratelli e sorelle, da quello che noi riusciremo a realizzare. Ci diciamo civili e poi basta aprire un telegiornale per accorgersi che siamo con il cuore chiuso e non accogliente, che facciamo la guerra e non riusciamo a evitare quel dramma che è sotto i nostri occhi. Questa realtà mostra tutta la sua fatica, tutta la sua incapacità a trovare una soluzione definitiva. Tutto questo noi oggi non lo guardiamo soltanto con gli occhi del corpo, ma con gli occhi della fede, quella che tutti abbiamo ricevuto – come abbiamo ascoltato oggi nella Lettera ai Romani – attraverso il nostro battesimo, quello che appunto tra poco daremo a tre bambini.
Per mezzo del battesimo noi siamo stati sepolti ma allo stesso tempo siamo venuti alla luce, siamo stati battezzati nella vita, nella speranza, nella resurrezione. Per questo tutti forse dovremmo rivalorizzare, riconsiderare e ri-apprezzare il battesimo che abbiamo, perché tante volte viviamo come se non fossimo battezzati, cioè come se non fossimo passati dalla morte alla vita, dalla disperazione alla speranza, dal buio alla luce, come se non ci fosse stato questo passaggio attraverso cui siamo rinati ad una vita nuova. Infatti quale vita viviamo? Il più delle volte continuiamo a vivere come se l’incidenza della nostra fede e del nostro battesimo, della resurrezione e della Pasqua del Signore non segnassero affatto, non cambiassero affatto, la nostra vita, le nostre considerazioni, la nostra esperienza, il nostro sentire, la nostra coscienza. Ma questo non deve accadere. Invece deve accadere in noi il cambiamento donatoci dal Signore Risorto. Tu puoi venire in chiesa con la tristezza delle donne, quasi a cantare il canto funebre a tutte le cose belle che tu pensi ci siano nella tua vita e che senti inesorabilmente sfuggire dalle tue mani, eppure sentirai la voce potente dell’angelo che è la voce di Dio: voi non abbiate paura! So che cercate un’esperienza crocifissa, cercate il crocifisso ma non è qui la vita vera, non è in quel suo disfacimento, in quella sua tenebra, in quella sua fragilità che tante volte noi tocchiamo con mano, che constatiamo; la vita vera è nella certezza che tutto ciò accade come di un seme che caduto in terra si disfà per risorgere, perché nasca una spiga di speranza, perché per questo mondo ci sia un annunzio di gioia.
Fratelli e sorelle, ogni volta che la vita con le sue pesantezze ci riproporrà inesorabilmente prima o poi, ad alcuni in un modo ad altri in un altro, il mistero del Venerdì santo, il mistero del fallimento, il mistero del dolore, il mistero della sofferenza, il mistero della morte, non dimentichiamoci che questa è senz’altro una parola vera sulla nostra vita, ma non è quella definitiva, non è quella conclusiva, non è l’esito finale, perché l’esito finale appartiene al mattino di Pasqua, appartiene alla vita, appartiene alla resurrezione. Per questo nonostante le nostre paure, nonostante i nostri timori, nonostante i nostri fallimenti, nonostante il nostro peccato, nonostante tutto, noi non abbiamo paura perché, piuttosto che dare credito a ciò che tante volte vedono i nostri occhi e toccano le nostre mani, noi vogliamo dare ascolto a questa Parola che ci dice che Cristo è risorto e con Lui anche la nostra vita e la nostra speranza sono risorte. Per questo noi affrontiamo qualsiasi notte, con la certezza che viaggiamo verso il mattino, verso la luce, la vita e la resurrezione.