Santa Messa di Pasqua (2011)

SANTA MESSA DI PASQUA
OMELIA DI S.E. MONS. CALOGERO PERI

Basilica Cattedrale
Caltagirone, 24 aprile 2011

Fratelli e sorelle,
anche a noi, dopo 2000 anni, il messaggio della resurrezione non giunge in maniera chiara e forte, giunge sempre in mezzo a tante difficoltà perché questo messaggio fin dall’inizio ha dovuto superare tanti ostacoli e incomprensioni.
Le donne arrivano al sepolcro e trovano un avvenimento che non si immaginavano e non capiscono subito che si tratta di risurrezione. Infatti corrono e subito vanno ad annunziare, non che Cristo è risorto ma che hanno portato via il Signore. E anche i discepoli corrono e per potere capire questo mistero devono per davvero fare uno sforzo. Il Vangelo che abbiamo ascoltato ci dice che ancora non avevano capito che cosa significa risuscitare dai morti. Questo annunzio in qualche modo dopo 2000 mila anni, attraverso la mediazione dei testimoni è giunto fino a noi. Che cosa ne facciamo di questo annunzio? È un annunzio capace di mettere in movimento la nostra vita, di darle un altro esito, un’altra svolta, di darle un significato diverso da quello che prima di quest’annunzio questa nostra esistenza aveva? Dalla pagina del Vangelo sentiamo che la risurrezione è un movimento veloce che entra nella nostra vita e dovrebbe entrare non soltanto nelle nostre gambe, nei nostri pensieri, ma dovrebbe entrare soprattutto nel nostro cuore. Non a caso tutti quelli che in qualche modo hanno un contatto con il Risorto o con l’annunzio portato le donne, trovano quest’avvenimento sconvolgente e corrono ad annunziare quello che sono riusciti a capire.
I discepoli, Pietro e Giovanni, anch’essi corrono. Se corrono le donne, se corrono i discepoli di 2000 anni fa, io non so perché invece rimaniamo statici, fermi, bloccati, non tanto esteriormente, perché corriamo tutti ogni giorno dietro le mille cose da fare, ma interiormente, perché restiamo bloccati ai nostri pensieri, alle nostre paure, ai nostri interrogativi, ai nostri dubbi. Se non accade un movimento, un’energia, che si sprigiona da questa nostra fede, se, cioè a dire, per davvero la risurrezione del Signore non diventa il motore della nostra vita, non diventa la luce dei nostri pensieri, non diventa soprattutto la verità della nostra vita, questo è il vero dramma che noi dobbiamo affrontare, da dove riprende ogni giorno la nostra vita.
Siamo dunque rimasti bloccati a quello che vediamo, a quello fanno gli uomini, oppure siamo capaci di ripartire sempre ogni volta con entusiasmo, con prospettive nuove, con speranza, con fiducia nell’intervento di Dio nella storia degli uomini?
Se noi abbiamo ascoltato bene la predicazione di Pietro sulla resurrezione, quelle parole dette in quel lontano giorno ci mettono dinnanzi a quest’ alternativa, a questo bivio, a questa scelta. Voi lo sapete – dice Pietro – cosa è accaduto e che cosa umanamente ci può dare ogni storia? Voi avete preso il Signore che era passato in mezzo agli uomini beneficando tutti e lo avete crocifisso, l’avete ucciso, l’avete inchiodato ad una croce e sembra che la storia sia terminata, ma quando per gli uomini la storia è finita e consumata e non ti può dare nessun risvolto, nessuna prospettiva, nessuna soluzione, proprio allora invece interviene Dio. Infatti – ci ha detto l’apostolo – Dio lo ha risuscitato. Ecco la grande alternativa dinanzi alla quale tutti ogni giorno siamo chiamati a decidere; una decisione, fratelli e sorelle, che prendiamo tutti non tanto a parole non tanto con consapevolezza, perché ce la poniamo espressamente, chiaramente e compiutamente, ma a partire dalle nostre azioni, dai nostri stati d’animo, dal nostro modo e dalla nostra logica di leggere la vita.
Difatti spesso partiamo dagli eventi che ci portano al fallimento, alla delusione, all’amarezza, alla sconfitta, all’umiliazione e da ultimo alla morte, e guardiamo da questa prospettiva la vita e soprattutto la viviamo da questa prospettiva. È una scelta che possiamo fare e a volte facciamo a nostra insaputa, con il timore e la paura che con il passare del tempo non riusciremo sempre a gestire questa vita, che apprezziamo per qualche momento e per qualche stagione nella sua bellezza, nei suoi colori e nel suo entusiasmo, e soprattutto che non riusciremo più a considerarla come una cosa bella che val la pena di essere sempre e comunque vissuta.
Noi possiamo vivere la nostra vita in prospettiva della morte o possiamo viverla a partire dalla resurrezione e in prospettiva di compimento. Questa è la scelta, fratelli e sorelle, che la resurrezione del Signore di fatto ci mette innanzi e ci chiede di fare.
Fino ad oggi, fino a questo annunzio, noi dovevamo leggere la vita – dico dovevamo, perché non avevamo altro modo di leggerla diversamente – da un punto di vista umano concreto, fisico, biologico. La nostra vita ha i suoi tempi, i suoi ritmi che umanamente non possiamo cambiare: nasciamo cresciamo e inesorabilmente con il passare del tempo, senza che tu faccia nulla, invecchiamo e moriamo. Questo è lo svolgimento ordinario, inattaccabile della nostra vita. Noi possiamo rimanere prigionieri di questa esperienza, possiamo rimanere angosciati da questa logica, possiamo avere un l’unica difesa: quella di dire “va bene, ancora ho degli anni innanzi a me”, oppure, ancora peggio, possiamo non pensarci e distrarci, rivolgendo la nostra attenzione e la nostra coscienza ad altro. Ma questo modo di vivere la vita non la cambia, non cambia l’esito finale.
Oppure noi la possiamo accogliere in tutta la sua verità disarmante – perché ci disarma! – ma nello stesso tempo con la sfida di vita, di resurrezione e di speranza che Dio ha portato dentro la morte, dentro il dolore, dentro la croce, dentro il Venerdì santo, perché Dio non ha portato la sua vittoria soltanto dentro il suo Venerdì santo, ma anche dentro il nostro dolore, dentro la nostra croce, dentro il nostro Venerdì santo, dentro le nostre stesse morti, perché noi le potessimo guardare da un’altra prospettiva: non come il capitolo definitivo e conclusivo di ogni esistenza umana ma come un momento tragico, drammatico, oscuro, impenetrabile e per noi angosciante da un punto di vista umano, che tuttavia è l’esito finale della nostra esistenza.
Ecco: qui è la grande alternativa. Tu te ne vai, avendo lasciato dietro le tue spalle e avendo dinanzi a te una tomba sigillata, invincibile o tu te ne vai alla vita, ritorni a vivere la tua esperienza a partire da una tomba vuota, a partire da una tomba che la fede ci indica come il luogo delle ripartenze. L’abbiamo sentito: verso la tomba di Gesù corrono l’apostolo Giovanni e l’apostolo Pietro, ad indicare due modi con cui quest’avvenimento si può e si deve gestire. L’apostolo Giovanni è l’apostolo dell’amore, Pietro è il discepolo della fede: soltanto l’amore e la fede ci possono aiutare ad accogliere e a ad immettere l’energia di vita, di positività, di ottimismo, di speranza, di resurrezione dentro il cammino concreto della nostra vita. Noi lo sappiamo: Dio ci ha donato gratuitamente, generosamente, spontaneamente, come fonte della nuova nascita, questo germe di vita, questa speranza inesausta ed inesauribile. Tra poco anche noi daremo il battesimo a questa bambina, come lo abbiamo ricevuto noi. Come abbiamo una vita nella carne, nel corpo, nel fisico, nella biologia, che inesorabilmente ci porta alla morte; così la vita e la rinascita dall’acqua e dallo Spirito, quella rinascita in Dio, quell’ essere nuove creature ci proietta tutti e sempre verso un orizzonte di speranza, di luce e di resurrezione.
Fratelli e sorelle, a noi spetta, nella nostra vita, la scelta di prendere il sentiero di morte o il sentiero di vita. Scelta a cui comunque tutti saremo chiamati. Ecco perché oggi la Parola di Dio che abbiamo ascoltato vuole essere un aiuto, vuole essere un dono, vuole essere un’opportunità, un’occasione regalata a ciascuno di noi. Dio te lo dice: non vivere viaggiando verso la morte, vivi viaggiando verso la vita, perché io sono il Risorto e il vivente, colui che non vive soltanto per se stesso, ma ha regalato questa speranza di vita e di resurrezione a ciascuno di noi, affinché per davvero possiamo cambiare registro e tutti e sempre camminare verso la marcia trionfale che la è quella vita, che, come abbiamo sentito, avrà l’ultima parola nella nostra storia, nei nostri drammi, nel nostro dolore e nella nostra stessa morte.