“Non temere perche’ sono con Te (Isaia 43, 5). Comunicare speranza e fiducia nel nostro tempo”.

Giornata mondiale delle comunicazioni sociali 2017

“Non temere perché sono con Te (Isaia 43, 5)Comunicare speranza e fiducia nel nostro tempo”.

 

Come è tradizione, oggi, martedì 24 Gennaio, festa liturgica di S. Francesco di Sales, patrono dei giornalisti e di tutti gli operatori della Comunicazione, il Santo Padre Francesco, ha reso noto il messaggio della prossima Giornata Mondiale delle Comunicazioni sociali, che sarà celebrata il 28 maggio p.v., domenica dell’Ascensione del Signore sul tema: “Non temere perché sono con Te (Isaia 43, 5). Comunicare speranza e fiducia nel nostro tempo”.

Si tratta della 51a Giornata da quando Paolo VI, dando seguito alla volontà del Concilio Vaticano II che aveva sottolineato nel Decreto Inter mirifica l’attenzione e la stima profonda della Chiesa per i media, strumenti fondamentali della vita sociale e culturale, volle che si celebrasse annualmente una apposita Giornata Mondiale di riflessione.

Il tema è l’invito a raccontare la storia del mondo e le storie degli uomini e delle donne, secondo la logica della “buona notizia” che Dio mai rinuncia ad essere Padre, in nessuna situazione e rispetto ad ogni uomo, appunto con fiducia e speranza.

Afferma il Papa nel suo messaggio: «La vita dell’uomo non è solo una cronaca asettica di avvenimenti, ma è storia, una storia che attende di essere raccontata attraverso la scelta di una chiave interpretativa in grado di selezionare e raccogliere i dati più importanti. La realtà, in sé stessa, non ha un significato univoco. Tutto dipende dallo sguardo con cui viene colta, dagli “occhiali” con cui scegliamo di guardarla: cambiando le lenti, anche la realtà appare diversa. Da dove dunque possiamo partire per leggere la realtà con “occhiali” giusti? Per noi cristiani, l’occhiale adeguato per decifrare la realtà non può che essere quello della buona notizia a partire da la Buona Notizia per eccellenza: il «Vangelo di Gesù, Cristo, Figlio di Dio» (Mc 1,1). Con queste parole l’evangelista Marco inizia il suo racconto, con l’annuncio della “buona notizia” che ha a che fare con Gesù, ma più che essere un’informazione su Gesù, è piuttosto la buona notizia che è Gesù stesso. Leggendo le pagine del Vangelo si scopre, infatti, che il titolo dell’opera corrisponde al suo contenuto e, soprattutto, che questo contenuto è la persona stessa di Gesù».

Anestetizzare la coscienza o farsi prendere dalla disperazione sono due possibili malattie alle quali può condurre l’attuale sistema comunicativo. È possibile che la coscienza si cauterizzi, come ricorda Papa Francesco nella Laudato si’, a causa del fatto che spesso professionisti, opinionisti e mezzi di comunicazione operando in aree urbane distanti dai luoghi delle povertà e dei bisogni, vivono una distanza fisica che spesso conduce a ignorare la complessità dei drammi degli uomini e delle donne.

È possibile la disperazione, invece, quando la comunicazione viene enfatizzata e spettacolarizzata, diventando talvolta vera e propria strategia di costruzione di pericoli vicini e paure incombenti.

«Nel periodo natalizio – dichiara don Gianni Zavattieri, direttore dell’Ufficio delle comunicazioni sociali – abbiamo sentito con insistenza nella Liturgia l’incipit della Lettera agli Ebrei: “Dio, che aveva già parlato nei tempi antichi molte volte e in diversi modi ai padri per mezzo dei profeti, ultimamente, in questi giorni, ha parlato a noi per mezzo del Figlio” (Eb 1,1-2). Il testo greco recita non “per mezzo del Figlio”, ma “nel Figlio”, come a volere sottolineare che, dopo il tanto parlare a patriarchi, re e profeti, Dio decide di indicarci la via definitiva per “comunicare” seriamente: non basta vedere, accorgersi, raccontare la vita; necessita prenderne atto immergendosi nella realtà, nella storia vera, quella che accade, quella vissuta là dove l’uomo sperimenta la precarietà, l’impotenza, la sterilità delle parole che narrano con distacco senza avviare processi di “incarnazione”. Questa oggi più che mai la provocatoria scommessa del modello comunicativo: comunicare con la logica della “incarnazione”. Sappiamo bene, infatti, quanto il ruolo della comunicazione sia sempre più presente, pressante e invasivo nella vita di tutti, a motivo delle modalità e tecnologie sempre più sofisticate ed estreme che lo accompagnano ed alimentano».

Al suo quarto messaggio per la Giornata mondiale delle comunicazioni sociali, Papa Francesco, entrando nelle dinamiche della comunicazione, intende capovolgere la negatività: «Ogni nuovo dramma che accade nella storia del mondo diventa anche scenario di una possibile buona notizia, dal momento che l’amore riesce sempre a trovare la strada della prossimità e a suscitare cuori capaci di commuoversi, volti capaci di non abbattersi, mani pronte a costruire».

Su questo versante urge che la società multimediale, capace di essere presente in tempo reale con la narrazione degli eventi, nel “comunicare” si faccia capace di reale “prossimità” all’accadere della storia là dove essa accade. Oltre la narrazione e la retorica dei sentimenti, la compromissione dell’esserci davvero dentro fino in fondo. Lo diceva con eloquenza don Milani, il ruvido Priore di Barbiana, che aveva fatto scrivere dai suoi scolari a caratteri cubitali, sulla parete di fondo della sua povera Scuola: I CARE! Mi interessa!

 

24 Gennaio 2017

 

A seguire il messaggio completo del Santo Padre

Messaggio del Papa per la 51ma Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali