Licodia Eubea in festa per il Servo di Dio fra’ Francesco Cascio

LICODIA EUBEA – La comunità della Parrocchia Santa Maria degli Angeli si prepara a celebrare con gioia e gratitudine le meraviglie che il Signore ha operato nel Servo di Dio fra’ Francesco Cascio da Licodia. La solenne celebrazione eucaristica sarà presieduta, domenica 4 maggio, alle ore 19.00, da S.E. mons. Calogero Peri, vescovo di Caltagirone.
Saranno presenti fra’ Gaetano La Speme, ministro provinciale dei Frati Minori Cappuccini della Provincia di Siracusa, e numerosi frati.
«Rinnoviamo la nostra devozione a fra’ Francesco Cascio, autentico testimone di fede – dichiara padre Pietro Iacono, parroco della comunità -. Ci rivolgiamo a lui per chiedere protezione e sostegno, e ringraziamo Dio Padre per il dono che ha fatto a questa nostra comunità per averci fatto incontrare fra’ Francesco lungo il sentiero della nostra quotidiana fatica».
In preparazione alla festa di domenica, sabato 3 maggio, alle ore 19.00, nel salone parrocchiale, è inoltre previsto un incontro culturale francescano sulla “Spiritualità del creato”, guidato dai coniugi Pippo e Irene Bonanno, componenti dell’Ufficio diocesano per la Pastorale familiare.
Scriveva San Giovanni Paolo II: «Come Chiesa in cammino guardiamo i Santi per non smarrire la fiducia in noi e negli altri. I Santi sono segno di Ottimismo nelle possibilità di ciascuno».
Francesco Cascio nacque a Licodia Eubea nel 1600 e divenne frate a soli 20 anni. Egli fu fratello accompagnatore e amico del Venerabile padre Innocenzo Marcinò. Quando nel 1643 p. Marcinò fu eletto ministro generale dell’Ordine, portò con sé fra’ Francesco che lo accompagnò nei vari viaggi per le province dell’Ordine.
Affascinato dall’ideale missionario, frate Francesco fu mandato in Africa. Egli, innamorato del Signore, volle servirlo nei suoi fratelli più piccoli, prendendosi cura dei poveri, dei malati, degli schiavi e di quanti ricorrevano a lui. Per ben 34 anni svolse un’opera intensa di apostolato.
Già da quando era fratello accompagnatore fu definito “l’asinello di Dio”, per la sua umiltà e per la sua robusta mole fisica. Si offriva spesso per i lavori più faticosi e se per strada incontrava chi trasportava qualcosa di pesante, non esitava a caricarsi del peso e a portarlo fino al luogo di destinazione.
Piegato dalle fatiche e dall’età il cappuccino muore a Luanda (Angola) il 18 aprile 1682. Il 19 aprile del 1743 fu aperto il processo ordinario per l’inizio della causa ancora in corso.

Giusy Giarracca

2 maggio 2014